
Mostre 2018


Alberto Bevilacqua è stato scrittore, sceneggiatore, regista, giornalista, poeta e grande intellettuale, nato a Parma nel 1934 e scomparso a Roma cinque anni fa.
Nella sede del Centro Cinema Lino Ventura, meta obbligata di cinefili ed appassionati della settima arte, una mostra di fotografie rende omaggio a questo importante personaggio del cinema. Le immagini, realizzate da Agnese De Donato nel corso degli anni ‘70, ritraggono Bevilacqua nel suo studio romano e sui set dei film La Califfa (1964) e Questa specie d’amore (1966).
In occasione della mostra, vengono presentati i contributi audiovisivi: Alberto Bevilacqua, l’uomo l’artista, documentario con materiale d’archivio dalle Teche Rai, il cortometraggio La giornata degli addii e spezzoni dello spettacolo Il curioso delle donne con gli interventi del critico cinematografico Filiberto Molossi, di Paola Lorenzoni, attrice ed autrice teatrale e artefice della donazione delle fotografie al Comune di Parma e di Michele Guerra, l’Assessore alla Cultura del Comune di Parma e docente all’Università di Parma di Teorie del cinema.
INAUGURAZIONE: Giovedì 15 Novembre, ore 17.30 – Centro Cinema Lino Ventura – La Zona



Intorno al ‘68
Locandine e manifesti cinematografici raccontano la contestazione
Il ’68 fu uno straordinario movimento culturale, sociale e politico che spinse le giovani generazioni contro i valori dominanti di quell’epoca. Stato, famiglia, scuola e società furono i grandi temi verso i quali mosse la contestazione. Sono passati 50 anni e ancora è attuale una riflessione: come nacque e come si creò quel clima di protesta e di ribellione? Come riuscì a coinvolgere grandi città e piccole periferie? Giovani donne e giovani uomini di etnie, lingue e religioni diverse si ritrovarono in un comune sentire, condividevano aspirazioni, ideali e voglia di cambiare il mondo. Proponiamo con questa mostra di manifesti, locandine e affiches cinematografiche una testimonianza di quegli anni.
Al di là dei generi e delle differenti sensibilità artistiche e autoriali, nei titoli dei film di quel periodo si riscontra un fil rouge trasversale, in cui traspare la sensazione di uno spirito di profondo cambiamento. La contestazione, l’antimilitarismo, la creatività e l’espressione di sé, la sessualità libera diventavano strumenti per nuove prospettive culturali. Le nuove generazioni sentivano il cinema come “proprio” e “comune” linguaggio. La sperimentazione linguistica e narrativa, l’esplosione di vitalità artistica ed estetica, nate dalla Nouvelle Vague, trovavano denominatore comune nel paradosso sociale, nel moto rivoluzionario, nell’elogio della diversità e nella liberazione sessuale. Gli esordi alla regia degli anni Sessanta furono estremamente significativi sia in Italia che all’estero: Bertolucci, Bellocchio, Pasolini, Cavani, Taviani, Polanski, Forman, Gavras, Rocha, Romero, Peckinpah, Nichols e tanti altri, che in quegli anni si imposero come autori nel cambiamento. Oltre al cinema d’autore pensiamo all’importanza che ebbe il cinema di genere con film come Gangster Story (Bonnie and Clyde, Arthur Penn, 1967), Hollywood Party (The party, Blake Edwards, 1968), Il pianeta delle scimmie (Planet of the Apes, Franklin J. Schaffner, 1968) o Il laureato (The Graduate, Mike Nichols, 1967) e pensiamo alle metafore sociali del cinema horror come La notte dei morti viventi (Night of the Living Dead, George A. Romero, 1968) o Rosemary’s Baby-Nastro rosso a New York (Rosemary’s Baby, Roman Polanski, 1968). Molti film risentivano dell’impatto riferito al cambiamento del costume e alla liberazione sessuale: Barbarella (id., Roger Vadim, 1968), Les Biches–Le cerbiatte (Les Biches, Claude Chabrol, 1968) o Grazie zia (Salvatore Samperi, 1968). La politica permeava tanto cinema e arrivava anche al genere cinematografico per eccellenza: il western. Meglio al western all’italiana: Quién sabe? (Damiano Damiani, 1966), Faccia a faccia (Sergio Sollima, 1967), Corri uomo corri (Sergio Sollima, 1968) e Se sei vivo spara (Giulio Questi, 1967) rappresentano gli anni della contestazione senza complicate letture sociali e politiche, ma con forti componenti libertarie e anarchiche, ponendosi contro l’autorità e l’ordine costituito.
Il film cardine però, cesura tra un periodo storico e quello successivo, era lontanissimo dall’attualità e dal momento specifico. Film non classificabile, metafora filosofica applicata alla fantascienza, geniale riflessione sull’uomo e sul suo destino: 2001: Odissea nello spazio (2001: A Space Odyssey, Stanley Kubrick, 1968) è forse a cinquant’anni di distanza il film che ancora rappresenta al meglio quell’epoca.